Premessa

Il buono fruttifero postale è un prodotto finanziario nominativo emesso dalla CDP S.p.A., collocato per il tramite di Poste Italiane S.p.A. e rimborsabile a vista, con obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello Stato. Il buono fruttifero postale può essere rappresentato sia da documento cartaceo che da registrazioni contabili, può essere sottoscritto e rimborsato in tutti gli uffici postali e, ove dematerializzato, anche in via telematica.

Il caso – La sentenza n. 24639 del 2021

Ebbene, in tema di buono fruttifero postale cointestato, con la recente sentenza n. 24639 del 13 settembre 2021, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha recentemente affermato un importante principio di diritto, in base al quale «in caso di decesso di uno degli intestatari, ove sul buono sia apposta la clausola “pari facoltà di rimborso”, ciascuno degli intestatari superstiti può chiedere il pagamento dell’intero, non essendo applicabile la disciplina prevista dall’art. 187 d.P.R. n. 256 del 1989 per i libretti di risparmio postali, che subordina il rimborso del saldo alla quietanza di tutti gli aventi diritto».
Più nel dettaglio, parte attrice conveniva Poste Italiane S.p.a. dinanzi al Giudice di pace di Cosenza chiedendo in via principale la condanna di quest’ultima al rimborso dell’intero montante di un buono fruttifero postale, emesso nel 1994 e dotato della clausola “pari facoltà di rimborso”, di cui era cointestataria superstite, per sopravvenuto decesso dell’altro cointestatario, ed in subordine la condanna al rimborso della propria quota, pari al 50% del totale.
Nel contraddittorio con la società convenuta, che resisteva, il Giudice di pace accoglieva la domanda subordinata.
Stante ciò, l’attrice impugnava la pronuncia avanti al Tribunale di Cosenza, che, con sentenza del 3 luglio 2017, accoglieva l’appello, condannando la società a «rimborsare il 100% del buono fruttifero postale, calcolato a norma dei tassi di interessi indicati sul retro del titolo e fino all’effettivo rimborso, oltre interessi legali dalla domanda al saldo».
Ebbene, avverso tale pronuncia, Poste Italiane S.p.a. proponeva ricorso per Cassazione affidandolo a tre motivi.
Più nel dettaglio, con il primo motivo, la ricorrente sosteneva che non poteva essere ignorato il disposto dell’art. 187 d.p.r. n. 256/1989, applicabile anche al buono fruttifero postale, secondo il quale «il rimborso a saldo del credito a persona defunta oppure cointestato anche con la clausola della pari facoltà di rimborso a due o più persone una delle quali sia deceduta, viene eseguito con quietanza di tutti gli aventi diritto».
Con il secondo motivo Poste Italiane denunciava: «violazione e falsa applicazione degli artt. 1100, 1102, 1111 cod. civ.».
Ed infatti, ad avviso della ricorrente, dunque, nel caso di morte di un cointestatario entra in applicazione la norma dell’art. 1102 c.c. «pertanto, qualora la cosa comune sia alterata o addirittura sottratta definitivamente alla possibilità di godimento collettivo, si rientra nell’ambito dell’appropriazione del bene comune, per legittimare il quale è necessario il consenso di tutti i partecipanti».

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Ergo, posta la sussistenza di una comunione, comunque, «si può addivenire al rimborso della propria quota … solo attivando la procedura di scioglimento della comunione prevista dall’art. 1111 cod. dv.».
Infine, con il terzo motivo la ricorrente denuncia: «violazione dell’art. 48 commi 3 e 4
d.lgs. n. 346/1999 (testo unico in materia di imposta sulle successioni e donazioni»).
La decisione del Tribunale violerebbe altresì la norma dell’articolo 48 del testo unico in materia di imposta sulle successioni e donazioni, che si mostra «estremamente chiara» nel disporre che, «alla morte dell’intestatario di somme depositate presso un istituto di credito, debba procedersi al blocco di qualsiasi operazione di pagamento sino a quando non sia esibita la dichiarazione di successione o sia dichiarato per iscritto dall’interessato che tale obbligo non sussiste».

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Il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso osservando quanto segue.
Ebbene, in merito al primo motivo evidenziava che la clausola contrattuale apposta sul buono fruttifero postale in questione prevedeva la distinta facoltà di ciascun cointestatario di ottenere il rimborso dell’intero dovuto senza limitazioni o riserve di sorta.
Ed ancora, la Suprema Corte ha ritenuto totalmente infondato anche il richiamo, in ricorso, alla disciplina della comunione di diritti reali e alle norme degli articoli 1102 e 1111 c.c., che la società ricorrente svolgeva nel secondo motivo.
In proposito la Corte precisava che la conformazione del buono fruttifero postale rinvia, in sé stessa, alla figura della contitolarità dei diritti di credito, che nulla ha a che vedere con la comunione di diritti reali.
Infine, in merito al terzo motivo, rilevava che in caso di clausola «pari facoltà di rimborso» di un buono fruttifero postale cointestato a due o più persone, il decesso di uno di essi precluderebbe il rimborso dell’intero agli altri, finirebbe per paralizzare proprio l’aspetto per il quale detti buoni, dotati della apposizione della menzionata clausola, si caratterizzano e si differenziano dai libri postali.
Sulla base di tali motivazioni, nel rigettare il ricorso proposto dall’appellante, la Corte concludeva ribadendo che «Poste Italiane S.p.a. non [avrebbe potuto] rifiutare il rimborso del buono, … non essendo tenuto ad alcun divieto di esecuzione della prestazione, che viceversa non p[oteva] legittimamente rifiutare».

Avv. Roberta Giuliano Inteso Giulio

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Buono fruttifero postale, rimborso al superstite è possibile
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