Con due recenti pronunce (la sent. n. 11451 dell’11 maggio 2018 e la sent. n. 26198 del 10 ottobre 2018) la Corte di Cassazione ha nuovamente affrontato alcune questioni relative alla corretta determinazione della Tassa sui rifiuti solidi urbani (la c.d. Tarsu), ed ha colto l’occasione per ribadire alcuni principi senza dubbio validi anche per l’applicazione della più recente Tassa sui rifiuti (c.d. TARI).

Al riguardo infatti, la Suprema Corte ha chiarito che l’omesso e/o irregolare svolgimento del servizio di raccolta dei rifiuti, da parte di un Ente locale, non riconosce alcuna esenzione dal pagamento della TARSU ma soltanto il diritto al pagamento in misura ridotta, in considerazione della circostanza secondo cui tale imposizione fiscale si configura quale “tributo che il singolo soggetto è tenuto a versare in relazione all’espletamento da parte dell’ente pubblico di un sevizio nei confronti della collettività, che da tale servizio riceve un beneficio, e non già in relazione a prestazioni fornite ai singoli utenti”. Alla luce di tale argomentazione, il contribuente è dunque tenuto a pagare il tributo in misura ridotta anche nell’ipotesi in cui il servizio di raccolta non venga effettuato, pur essendo stato formalmente istituito e attivato.

Tale principio, a parere di chi scrive, ben può valere anche con specifico riguardo alla TARI, atteso che la legge n. 147 del 2013, istitutiva di tale tributo, riconosce espressamente che “la TARI è dovuta nella misura massima del 20 per cento della tariffa, in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento, nonché di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall’autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente”.

Le pronunce in analisi hanno altresì affrontato un’ulteriore questione, riassumibile con il seguente quesito: l’auto-smaltimento dei rifiuti può dar luogo all’esenzione dal pagamento del tributo, riconosciuta in favore del contribuente “virtuoso”?

Anche in tale circostanza la Corte di Cassazione – dopo aver premesso che incombe in capo al contribuente l’onere di dimostrare l’effettivo svolgimento, in proprio, dell’attività di smaltimento dei rifiuti – ha ritenuto di poter riconoscere non tanto l’esenzione dal versamento dell’imposta quanto la sua riduzione, da determinarsi in ragione della disciplina applicabile al caso concreto.

In altri termini, la scelta del contribuente di non avvalersi del servizio “pubblico” di smaltimento dei rifiuti non riconosce alcuna esenzione dal pagamento del tributo, ma semmai il diritto ad ottenere una consistente riduzione, atteso che «la tassa è dovuta indipendentemente dal fatto che l’utente utilizzi il servizio di smaltimento dei rifiuti, in quanto la ragione istitutiva del relativo prelievo sta nel porre le amministrazioni locali nelle condizioni di soddisfare interessi generali della collettività, piuttosto che nel fornire, secondo una logica commutativa, prestazioni riferibili a singoli utenti».

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